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Windtalkers

Nelle scorse settimane è apparsa sui quotidiani la notizia che, negli Stati Uniti, era deceduto l’ultimo “code talker”, alla veneranda età di 93 anni, ossia uno degli indiani Navajo che, durante la Seconda guerra mondiale, usarono l’antica lingua degli antenati nelle comunicazioni militari per non farsi capire da chi, in questo caso i giapponesi, cercava di intercettarle.
Al gruppo dei “code talker” gli Stati Uniti devono molto e Hollywood, nel 2002, gli ha dedicato un film dal titolo Windtalkers che vede, fra i protagonisti, Nicholas Cage nel ruolo del sergente Joe Enders.
Il film è ambientato durante la Seconda guerra mondiale quando, l’esercito, decide di utilizzare la lingua dei Navajos per codificare i messaggi segreti così che i nemici non possano decifrali.
Ad ognuno dei “code talker” è assegnato un soldato, come guardia del corpo, con il compito di uccidere l’indiano Navajo in caso di pericolo di cattura da parte dei giapponesi ed il film, oltre a parlare di fatti realmente accaduti durante la Seconda guerra mondiale nel Pacifico, racconta dell’amicizia fra un sergente dei Marines ed un soldato Navajo.
Nicholas Cage è Joe Enders, un soldato che ha involontariamente causato la morte di quattro commilitoni ed è sopravvissuto per poco; durante il periodo della convalescenza passa il tempo cercando di recuperare la salute il più velocemente possibile per tornare in azione e vendicarsi.
Al rientro nei ranghi dei Marines Joe farà la conoscenza di Ben Yazzie, un marconista Navajo, che deve proteggere durante la tragica battaglia di Saipan cercando di non far cadere l’amico nelle mani dell’esercito giapponese evitando, in questo modo, la soluzione estrema.
All’uscita Windtalkers non aveva riscosso grandi entusiasmi sia dai critici che dal pubblico tanto che non ha incassato denaro sufficiente a coprire i costi di produzione; la parte debole del film sarebbe rappresentata dalla figura di Joe che, in certe scene, è davvero surreale.
Secondo i critici la parte migliore del film, invece, è rappresentata dal rapporto di amicizia, particolare ed originale, che lega il marconista Navajo con il sergente dei Marines.
Al film do 4 su 5: mi è piaciuta la storia – sono cresciuta guardando film di guerra e, a priori, li guardo tutti – che ha un ritmo molto intenso ma, concordo con quanto dissero i critici all’uscita del film, la figura del sergente dei Marines, in alcuni frangenti, risulta un po’ troppo stereotipa e surreale per risultare veritiera.

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Art Spettacoli

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