Fra poco più di un mese, il 28 giugno, ricorre l’anniversario dell’attentato di Sarajevo nel quale persero la vita l’erede al trono austro-ungarico, l’arciduca Francesco Ferdinando, e la moglie Sofia; questo evento luttuoso divenne il motivo scatenante che portò l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia provocando lo scoppio del primo conflitto mondiale.
Il cinema ha dedicato a questa guerra, conosciuta da tutti come “la grande guerra”, numerosi film e “Una lunga domenica di passioni” del regista francese Jean-Pierre Jeunet è uno di questi.
Il film, datato 2004, è ambientato nelle trincee francesi, durante la prima guerra mondiale, e racconta la vicenda di cinque soldati condannati a morte perché accusati di auto-mutilazione per sfuggire ai propri doveri militari.
Uno dei soldati condannati è Manech, fidanzato con Mathilde, interpretata da Audrey Tautou, zoppa a causa della poliomielite contratta da piccola, e testardamente convinta che lui non sia morto nell’avamposto Bingo crepuscolo.
Nonostante la morte del fidanzato sia stata dichiarata ufficialmente dalle autorità, Mathilde si ostina a credere che il suo Manech sia ancora vivo perché, se fosse deceduto, lei lo avrebbe saputo dato che si sentiva ancora legata al suo cuore.
Mathilde, contro tutto e tutti, decide di continuare a seguire il suo cuore e si affida alla speranza, prima flebile poi sempre più forte, che alla fine, il suo Manech dalla terra di nessuno fra le trincee tedesche e quelle francesi, sia uscito vivo.
Il film ha suscitato pareri contrastanti poiché alcuni lo ritengono noioso e ripetitivo altri, invece, lo definiscono un vero e proprio capolavoro; “Una lunga domenica di passioni” parla di uomini che mostrano l’umana debolezza della paura e di donne che, nonostante indizi e testimonianze dicano il contrario, seguono il proprio cuore (o istinto) sfidando il destino per arrivare a riconquistare quel sentimento che tutti noi ricerchiamo: l’Amore.