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“Sinfonia d’autunno” di Bergman, regia Lavia – dal 10 al 21 dicembre

1416581446_Sinfonia_dasxMilillo,Salvatori,Nigrelli,Guarnieri_fotoTommasoLePera

Milano, Piccolo Teatro Grassi (via Rovello, 2), dal 10 al 21 dicembre 2014
Sinfonia d’autunno
di Ingmar Bergman, traduzione Chiara De Marchi
regia Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
con Anna Maria Guarnieri, Valeria Milillo, Danilo Nigrelli, Silvia Salvatori
co- produzione Teatro Stabile dell’Umbria, Fondazione Brunello Cucinelli

Gabriele Lavia sceglie uno dei capolavori di Ingmar Bergman, Sinfonia d’autunno – al Piccolo Teatro Grassi dal 10 al 21 dicembre – affidando ad Anna Maria Guarnieri e Valeria Milillo i ruoli femminili principali, per raccontare, spiega, “la solitudine assoluta, maledizione di noi teatranti”. In scena anche Danilo Nigrelli e Silvia Salvatori.

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Anna Maria Guarnieri è Charlotte, celebre pianista, madre di Eva, interpretata da Valeria Milillo.
Il conflitto fra le due è il nucleo centrale della rete di relazioni fra i quattro personaggi in scena: Charlotte è completamente identificata con il suo lavoro e da sempre sente come una pena insopportabile l’affetto delle persone che hanno bisogno di lei, come le figlie. Eva, una donna adulta che ha perduto poco tempo prima il figlio di quattro anni, ancora cerca l’amore della madre ma continua a metterla di fronte alla sua impotenza affettiva, ricordandole tutte le sue fughe, che hanno ferito senza rimedio la sua infanzia e quella di Helena, l’altra figlia, ormai invalida, interpretata da Silvia Salvatori. Solo Viktor, il marito di Eva (Danilo Nigrelli), che ogni giorno trova rifugio dalla sua desolazione chiudendosi nella stanza del figlio morto, sa mantenere un suo equilibrio, fatto di disincanto e di accettazione degli altri. Non ci sarà soluzione al rancore e al senso di colpa di Eva e di Charlotte come non ce ne può essere per Helena, condannata dalla sua infermità, né per Viktor, che si è rinchiuso nella sua solitudine imbelle. Sembra che ogni personaggio lasci prevalere l’indulgenza e ritrovi l’affetto per l’altro a condizione di restarne separato. Come se i sentimenti reciproci potessero esistere solo fuori dalla realtà comune, nel teatro interiore di ognuno.

“Vedi tutte quelle luci accese sulla collina? Se penso che tutti sono intenti alle loro faccende … È come se io fossi esclusa… Eppure ho sempre tanta nostalgia della mia casa, ma quando sono lì, poi, mi rendo conto di aspettarmi qualcosa che non esiste”. Sono parole di Charlotte.
“Essere esclusi”, spiega Lavia, “un sentimento che Bergman doveva conoscere molto bene. Un sentimento comune ai ‘teatranti’… comune a quegli strani esseri umani che ‘si espongono’, che ‘sono’ sul palcoscenico. Hanno una sola possibilità d’essere: ‘esporsi’. Non riescono a essere Padri o Madri. Mariti o Mogli. Non sono normali. Sono ‘strani’ e sono condannati a quella che Bergman chiama la Solitudine Assoluta. Ma forse questa è la maledizione della nostra epoca”.

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