Fra i film che ho visto in questi ultimi mesi, quello più emozionante e toccante è stato, senza dubbio, “Philomena” uscito nel 2013 e che vede una strepitosa Judy Dench nel ruolo della protagonista.
“Philomena” è la storia, vera, di una ragazza irlandese che, rimasta incinta in giovanissima età, viene segregata dalla famiglia in convento e costretta ad abbandonare il figlio avuto che verrà, successivamente, dato in adozione ad una famiglia americana.
Con il passare degli anni il desiderio di Philomena di ritrovare il figlio, al quale è stata costretta a rinunciare, è talmente forte da chiedere ed ottenere la collaborazione di un giornalista prestigioso, Max Sixsmith, il quale sfruttando, le sue conoscenze, riuscirà a svelare il destino di questo bambino partito dall’Irlanda all’età di tre anni e diventato uomo negli Stati Uniti.
Il film è tratto dal romanzo scritto da Max Sixsmith, “The lost child of Philomena Lee”, ed ha avuto un buon riscontro di pubblico e di critica anche se, Kyle Smith critico cinematografico del New York Post, lo ha descritto come l’ennesimo attacco ai cattolici.
Fra film e libro, ci sono, come sempre, delle differenze e quella più plateale vede l’avversaria della protagonista, suora Hildegard, incontrare il giornalista nel corso del film mentre, in realtà, lei è deceduta nel 1995 e Max Sixsmith ha iniziato la sua indagine nel 2004; di conseguenza la scena finale, in cui la suora accusa Philomena di aver ceduto ai proprio desideri carnali è inventata.
A “Philomena” assegno 4 stelle su 5 poiché è un film che ha saputo trattare temi scottanti come le adozioni illegali nell’Irlanda degli anni 50, l’omofobia e l’Aids con garbo e umiltà senza cadere in esempi stereotipati offrendo il ritratto di una donna che, nonostante tutto, grazie alla fede affronta le insidie della ricerca del figlio senza mai profferire una parola d’odio nei confronti di chi le ha causato tanto male.
Da ricordare la scena di quando Max rimarca Philomena che il figlio è omosessuale e lei, con molta calma, le risponde facendole presente che una persona che indossa una salopette del genere non poteva essere che gay.