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"NUNCA MAS - GENTE CHE SCOMPARE" 1-6 ottobre 2014 - Art Spettacoli
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“NUNCA MAS – GENTE CHE SCOMPARE” 1-6 ottobre 2014

NUNCA MAS 1

Milano, Teatro Libero – dall’1 al 6 ottobre 2014
NUNCA MÀS
Gente che scompare

drammaturgia e regia Alessandro Veronese
scritto ed interpretato da Laura Angelone, Flavia Gilberti, Michela Giudici, Susanna Miotto, Alice Pavan, Chiara Salvucci
produzione Fenice dei Rifiuti

Dunque. Prova ad immaginare.
Sei lì che riordini casa, hai appena dato da mangiare al cane.
Suonano alla porta. Sarà il postino.
Apri e il postino è un funzionario di polizia.
Ti chiede di seguirlo, per la tua sicurezza.
Ci sono un paio di accertamenti da fare al distretto.
Cosa c’entri la sicurezza con il cappuccio che ti infilano in testa non te lo sai spiegare.
Arrivi in un posto che sembra una palestra.
Al piano di sotto, però, al posto degli spogliatoi trovi delle celle.
Due stanze più in là la musica a tutto volume non riesce a nascondere il grido della
donna.
Da un buco nel muro riesci a vedere un braccio che esce dal lenzuolo con cui hanno
ricoperto il cadavere.
A te no, non succederà. Tu non hai fatto nulla.
Il fatto di essere cugina di secondo grado di un giornalista con un paio di articoli scomodi nel curriculum, non ti pare una ragione sufficiente.
Per loro, lo è.
Ma a te no, non succederà. Per te c’è un programma diverso.
Un viaggio. Un trasferimento, come lo chiamano loro.
Un’iniezione, che ti viene presentata come “vaccino”. L’ultima esperienza della tua vita
terrena.
Meno male.
Così non sentirai quel vuoto d’aria orribile che sempre ti prende allo stomaco, quando
un aereo decolla.
Così non avrai modo di chiederti, con malcelato terrore, perché stanno aprendo il
portellone in pieno volo.
Così non sentirai il coltello che ti aprirà il ventre un attimo prima di essere gettata in
mare.
Perché gli squali sono attratti dall’odore del sangue. Perché gli squali non lasceranno
nulla di te.
Oppure. Prova ad immaginare.
Sei lì con le gambe aperte e le mani appoggiate al muro.
La gonna non sai nemmeno che fine ha fatto.
Il Tampax, ormai, è vecchio di due giorni e il sangue non lo tiene più.
Non sai se ti umilia di più il muco che ti cola dal naso o il mestruo che ti scivola sulla
coscia.
Di certo, puzzi. Sporcizia, sudore e mestruo non sono un buon abbinamento.
Come ci sei finita lì dentro, lo ricordi appena.
Eri insieme al tuo ragazzo, appena defilati rispetto a tutti gli altri.
Li hai visti arrivare. Dodici o tredici.
Per prima, hanno colpito te. Come si dice, “prima le signore”.
Un attimo prima di svenire hai visto il tuo ragazzo a terra.
O meglio, hai visto i suoi piedi. Il resto del corpo era sommerso dai manganelli.
Chissà lui dov’è, adesso.
Chissà dove sei tu, adesso.
Fino a ieri, eri sicura di essere nel 2001.
Ora sei a cavallo tra i settanta e gli ottanta.
Fino a ieri, eri sicura di essere italiana.
Ora sei in Argentina. Ora sei in Cile.
E se non fosse per il fatto che i tuoi carcerieri parlano e cantano in romanesco, ne
saresti proprio sicura.
Ti chiedi se riuscirai a farti ricostruire il dente che ti hanno rotto ieri alla Diaz.
Ti chiedi se riuscirai a dimenticare.
Ti chiedi se riuscirai a tornare a casa.
Due storie, che scorrono su binari paralleli. Epoche diverse, mondi agli antipodi. E un unico comune denominatore: la violenza come forma di garanzia del silenzio. Roba che di solito fa la mafia. Roba che di solito fa anche lo Stato.
Gente che scompare, e non torna più. Sistematicamente, per anni e anni e anni. Non solo politici. Non solo giornalisti. Non solo intellettuali. Si parla di milioni di persone.
Non è un’iperbole, purtroppo, ma la realtà di molto Sudamerica in un tempo troppo vicino al nostro.
E vent’anni dopo, dall’altra parte del mondo, gente che scompare, anche se solo per pochi giorni. Scompare nel nulla (si scoprirà: in una caserma) e quando esce la cosa più carina che si sente dire è che si è inventato tutto. Che Bolzaneto è un parto della fantasia, che alla Diaz ci hanno fatto un picnic e che Giuliani è solo un digestivo. Si sente dire che Genova non è mai esistita.
Dal nome del rapporto che nel 1984 fece luce sul dramma dei desaparecidos, il nuovo progetto di Fenice dei Rifiuti si muove tra l’Argentina e Genova, tra coreografie e narrazione, per raccontare il sottile filo (neanche tanto sottile, in realtà) che ha collegato, in una sorta di scherzo spazio – temporale, una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità con una delle pagine più infami dell’intera storia italiana.
Un esperimento di drammaturgia collettiva, un testo scritto da tutte le attrici in collaborazione con il regista per il secondo capitolo del Progetto Trittico dell’Invisibile.






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