Dal 25 marzo al 13 aprile al Teatro Studio Melato
Credoinunsolodio
Tre donne in Terra Santa
un dialogo impossibile, un destino comune
Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres
in un testo di Stefano Massini
Mercoledì 29 marzo, al Chiostro, incontro con il pubblico
CredoinunsoloDio o CredoinunsolOdio: si può leggere in entrambi i modi il titolo della pièce che coniuga il talento drammaturgico di Stefano Massini e quello registico-interpretativo di Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres. Le storie procedono parallele, destinate a un epilogo comune nel grande labirinto della cosiddetta Terra Santa.
Tre ritratti di donna, tre culture, tre religioni, tre percorsi di vita. Le loro storie procedono parallele, all’apparenza inconciliabili, eppure destinate fin dall’inizio a un epilogo comune, nel grande labirinto della cosiddetta Terra Santa, in cui il tritolo si infiamma con l’odio e le paure si insinuano nel sangue come virus.
Le tre donne sono: Eden Golan, docente di storia ebraica; Mina Wilkinson, più o meno nascostamente in forza a un esercito straniero; Shirin Akhras, ventenne studentessa palestinese. I loro punti di vista si intrecciano e si allontanano, fra improvvisi, rischiosissimi incontri e vertiginose contrapposizioni, sfiorando talvolta il brivido inconsulto di una perfetta sintonia. Ma non è consentito combattere dalla stessa parte, sulla scacchiera in cui tutto vive di contrapposizioni. In una drammaturgia condotta su tre binari narrativi, senza mai dialogo, la vicenda si nutre di echi e di rimandi, convergenze e antitesi, e dopo un crescendo inarrestabile culmina nel fuoco purificante e maledetto dell’ennesimo sacrificio.
Credoinunsolodio è un testo scritto da Stefano Massini nel 2010. Frutto di un profondo studio della situazione e delle motivazioni, l’opera procede con un meccanismo a orologeria, fitto di cambi repentini di punto di vista, lasciando come sempre al pubblico ogni giudizio e ogni conclusione. Un mosaico di sensazioni, riflessioni e stati d’animo, rappresentati in un puzzle di solitudini, laddove niente è più spiazzante che l’eterno confronto con i propri ideali e le proprie credenze. Ne nasce una drammaturgia segnata da un continuo capovolgimento di struttura, sempre lontana dal chiarimento, appesa al filo di un equilibrio impossibile e di un appuntamento risolutivo, in eterno rimandato.